Grazie al prezioso lavoro di studio e di ricerca svolto dall’AIREMP (Associazione Italiana di Ricerca sull’Entanglement in Medicina e in Psicologia) il 19-20 Novembre 2011 si è tenuto a Bologna il Congresso Nazionale:
Medicina, Psicologia e Fisica Quantistica: la crisi delle certezze e l’umanizzazione della cura.
Vi ho partecipato affascinata dal vedere tanti professionisti di diversi orientamenti e con diverse specialità: fisici, medici, biologi, psicologi, sociologi dialogare insieme utilizzando un linguaggio comune e volto ad un progetto integrato di cura e presa in carico della persona-paziente.
Ho avuto la possibilità di parlare con il Prof. Gioacchino Pagliaro, Vice Presidente dell’AIREMP, per approfondire alcune tematiche trattate nel convegno.
Al convegno si è parlato molto di PNEI, quali sono le peculiarità di questo approccio?
Innanzitutto premetto che è necessario specificare che la PNEI di cui si occupa l’AIREMP si riferisce ad un nuovo ambito di ricerca e di applicazione clinica che sta evidenziando il profondo collegamento esistente tra processi quantistici e processi bio-chimici del nostro organismo, che denominiamo PNEI Quantistica. Questo collegamento cambia strutturalmente la visione dogmatica, basata sulla convinzione che i geni condizionano il nostro funzionamento, e le conseguenti concezioni della cura e della salute. La PNEI Quantistica sostiene che la mente non è un epifenomeno del cervello, ma preesiste al cervello stesso, come dimostrato dalle teorie di molti scienziati di fama mondiale, (tra cui spiccano i nomi di Penrose, Libet, Hameroff, che parlano di processi mentali in termini di Neurodinamica Quantistica e di Neuro Quantologia), e come sostenuto dal buddhismo, che concepisce la mente come non localizzata in un punto del corpo, ma come eterna ed infinita, che si manifesta temporaneamente anche nel corpo umano.
Ci può dare una definizione di Entanglement, concetto chiave del Convegno?
L’Entanglement rappresenta l’evoluzione ulteriore che è avvenuta nella fisica quantistica. E’ la struttura teorico-scientifica di questa nuova visione della realtà e dell’uomo, non più legata alla fisica classica e alle sue teorie deterministiche e riduzioniste. Determinismo e riduzionismo hanno prodotto in medicina, in biologia e in psicologia il modello bio-medico, caratterizzato dal sapere disciplinare e frammentato, rigidamente centrato su una concezione meccanica della cura, intesa come riparazione e/o sostituzione della parte malata. Se la PNEI tradizionale considera l’organismo umano come un network dotato di relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici, la PNEI Quantistica attraverso l’Entanglement considera l’uomo come una unità processuale, dove la mente biografica e il corpo sono invece un tutt’uno, quindi l’espressione della Mente, intendendo con questo termine, ciò che sottende ogni forma ed ogni entità che percepiamo intorno a noi. L’uomo come entità processuale è pervaso dall’energia/informazione della Mente, ed è caratterizzato dalla interconnessione e dalla dall’interdipendenza in una condizione di inseparabilità. E’ Entangled con le dimensioni energetiche e spirituali della Mente.
Nella sua relazione al Convegno ha parlato di Entanglement e Compassione ci può spiegare come portare operativamente questi concetti in terapia e nella presa in carico del paziente?
La terapia per noi psicologi, medici, biologi e fisici (ricercatori e clinici) dell’ AIREMP, va oltre la “riparazione di una parte malata”. Curare vuol dire prendersi cura e quindi interagire con la persona malata per aiutarla ad attivare il processo di guarigione che è dentro di lei e intorno a lei. La Compassione, intesa in termini buddhisti come profondo desiderio di aiutare l’altro a liberarsi dalla sofferenza , indica per i terapeuti un nuovo bagaglio teorico e di competenze legato ai processi energetici, quantistici e spirituali della mente biografica e della Mente. Tutto questo rappresenta il superamento della visione bio-psico-sociale dell’uomo, delle etichette diagnostiche, delle teorie intracraniche della mente e della terminologia che ne è derivata (psiche, psico-somatica, bio-psichico ecc. ecc.), che sopravvivendo generano solo pasticci semantici e linguistici.
La giornata di sabato si è conclusa con una sessione pratica di meditazione guidata dalla Ven.le S. Khadro, quali sono secondo la sua esperienza clinica gli effetti benefici della meditazione?
Gli effetti benefici della meditazione oggi sono ampiamente dimostrati e verificati sia a livello fisiologico, che bio-chimico, che psicopatologico. La letteratura scientifica è vastissima e dimostra che la meditazione è particolarmente indicata nella gestione dello stress, nel trattamento dell’ansia, dell’attacco di panico, nelle depressioni, nel trattamento dell’insonnia, del colon irritabile e come regolatore della pressione. Nella mia UOC di Psicologia Ospedaliera, all’Ospedale Bellaria dell’AUSL di Bologna, la utilizziamo con pazienti oncologici, cardiologici e neurologici. Ma la meditazione è e resta innanzitutto una pratica di liberazione dalla sofferenza dell’esistenza, e quindi è un cammino di elevazione spirituale . Sarebbe un errore ridurla ad una forma di terapia. Continuiamo a chiamarla meditazione, non americanizziamola con il termine mindfulness pensando di attribuirle un maggiore alone di scientificità.
Ripenso ai giorni del Convegno agli spunti e alle riflessioni da portare quotidianamente nell’attività clinica, e mantengo in sottofondo il piacevole ricordo del concerto di canto armonico a conclusione della prima giornata di lavoro.
ArmoniosaMente prevede l’uso di tecniche meditative basate sui principi del modello Mente-Corpo, rivolto a gruppi di donne affette da tumore alla mammella.
La prima volta che sono entrata nel reparto di Psicologia Clinica Ospedaliera del Dipartimento Oncologico dell’AUSL di Bologna sono subito rimasta colpita dall’attenzione per il dettaglio e dalla cura del contesto: la musicoterapia, l’aromaterapia, le immagini proiettate sulla pareti, il giardino zen, mi sono sentita accolta, l’ambiente caldo e rassicurante che trasmette tranquillità e sensazioni positive.
Ho pensato a come potesse sentirsi un paziente che arriva in quel reparto, un paziente spesso affaticato dal decorso della malattia, e ho pensato a quanto anche questa attenzione potesse far parte del prendere in carico e del processo di cura, e di come possa avere effetti positivi sul percorso di supporto e di benessere dell’individuo. Su questi temi e sul protocollo ArmoniosaMentemi sono confrontata con il Dott. Pagliaro direttore dell’Unità Operativa.
Il protocollo ArmoniosaMente è un progetto attivo dal 2003 che prevede l’utilizzo di tecniche meditative basate sui principi del modello Mente-Corpo, rivolto a gruppi di donne affette da tumore alla mammella con trattamento in corso.
SoM: Ci racconta brevemente come viene strutturato il protocollo ArmoniosaMente, come vengono inviate e selezionate le pazienti, quanti incontri, quali gli obiettivi principali?
GP: ArmoniosaMente si basa su due aspetti che nel corso degli anni l’evidenza scientifica ha evidenziato come basilari nell’efficacia di ogni pratica inerente la salute: la corretta informazione sanitaria sugli stili di vita e le pratiche meditative. Il particolare disagio psicologico e psicopatologico della persona che si ammala di tumore, caratterizzato da senso di precarietà e vulnerabilità, ansia depressione e panico, fa emergere con chiarezza l’importanza che una corretta informazione possa svolgere nel creare una forte adesione del paziente alle cure mediche e nel dargli fiducia in quello che sta facendo. Per tale motivo il protocollo è stato denominatoArmoniosaMente in quanto ha l’obiettivo di agire sulla dimensione mentale offrendo alle pazienti una specifica informazione sanitaria e una pratica meditativa che consente di aiutare la mente a stimolare il potenziale di guarigione che ognipersona ha rendendo, così, le cure più efficaci.
SoM: Quali sono le principali difficoltà che portano le donne a cui vengono insegnate le tecniche di meditazione, e in che modo lei cerca di risolverle?
GP: Le principali difficoltà sono legate ai timori tipici della malattia e al rischio delle ricadute e alla paura di morire, a cui si aggiunge lo stress legato alla specificità del percorso di cura. Il protocollo ArmoniosaMente grazie all’utilizzo della meditazione è un’ottima risposta perché oltre a fornire al gruppo di donne degli strumenti pratici da utilizzare per la gestione dello stress permette a loro anche di condividere le diverse esperienze nel percorso di cura, normalizzandone i vissuti.
SoM: Quali sono i benefici che con questa pratica lei ha potuto riscontrare nelle pazienti che hanno partecipato a questo progetto?
GP: I benefici del protocollo ArmoniosaMente sono facilmente descrivibili in quanto sono delle costanti che emergono da oltre 1200 pazienti che nel corso di questi anni lo hanno utilizzato e sono: gestione dello stress, trattamento dell’ ansia e della depressione, gestione della paura, aumentato senso di fiducia nelle terapie, atteggiamento di speranza ed una maggiore consapevolezza e capacità di affrontare le difficoltà.
SoM: Quali sono le evidenze scientifiche dell’efficacia della meditazione in oncologia?
GP: Le principali evidenze scientifiche che si sono verificate sull’efficacia della meditazione in oncologia oltre al trattamento dei disturbi psicologici psicopatologici sopracitati, che sono reattivi alla patologia tumorale, sono quelle di un azione di contenimento della nausea, della fatica, della stanchezza, del vomito come effetti collaterali di chemioterapia e radioterapia ed anche una importante azione di contenimento del dolore secondario alla patologia oncologica stessa.
SoM: Questo “protocollo” viene applicato solo in oncologia o ci sono altri campi di applicazione all’interno dell’AUSL di Bologna?
GP: Questo protocollo viene utilizzato anche in cardiologia e in neurologia con pazienti con fase iniziale di sclerosi e con fase iniziale di atassia.
Il protocollo di ArmoniosaMente è uno degli interventi più completi, ad oggi, nel campo della meditazione in oncologia ed attualmente viene insegnato attraverso uno specifico corso organizzato dell’Ausl di Bologna, sotto la supervisione del Dott. Pagliaro, in cui vengono formati sia medici che psicologi.
Rimane comunque importante sottolineare che tutti i pazienti in carico all’Unità Operativa di Psicologia Clinica dell’ Ospedale Bellaria possono apprendere nel corso della presa in carico individuale tecniche di meditativa e visualizzazione.
Il direttore di Psicologia Ospedaliera dell’Ausl di Bologna ha creato “ArmoniosaMente”, un percorso per le pazienti oncologiche. Per imparare a gestire le difficoltà di tutti i giorni
Tiziana Moriconi
La meditazione è una pratica antichissima, arrivata in Occidente verso la fine degli anni Sessanta. Fin dall’inizio è stata associata alla cultura di contestazione degli Hippy o ad altri stereotipi, come quelli che la indicano come una pratica legata alla religione o usata per estraniarsi dal mondo. Ma la meditazione non è nulla di tutto questo. Che cosa sia in realtà e come possa aiutare i pazienti oncologici ad affrontare meglio il difficile momento della diagnosi, delle cure e dei controlli ce lo spiega Gioacchino Pagliaro, Direttore dell’Unità Operativa di Psicologia Ospedaliera del Dipartimento Oncologico dell’Ausl di Bologna.
L’arte della meditazione. “Meditare significa sviluppare una forma di consapevolezza che aiuta ad essere più presenti a se stessi in ogni azione che si compie”, racconta Pagliaro: “Non è certo, quindi, un ritiro dalla realtà quotidiana, né una particolare forma di riflessione, come spesso si crede. Riflettere su un problema è una cosa, meditare è un’altra. E per farlo è necessario un addestramento che insegni come fermare la concentrazione su un oggetto preciso o su un atto, come respirare, e che ha come primo obiettivo quello di liberarci dal lavorio mentale: il flusso dei pensieri, delle preoccupazioni, delle tensioni, degli stati mentali nocivi”.
La meditazione per i pazienti oncologici. Pagliaro ha cominciato a occuparsi di meditazione oltre venti anni fa, quando ancora gli studi scientifici sugli effetti benefici di questa pratica erano pochi e poco noti. Da allora, si sono continuati ad accumulare dati sulla sua efficacia nei pazienti oncologici, soprattutto per la gestione dello stress, nel trattamento degli stati di ansia e depressione, come un metodo complementare alle cure farmacologiche per alleviare il dolore cronico e per ridurre gli effetti collaterali di chemioterapia e radioterapia.
ArmoniosaMente. Nel 1997, Pagliaro ha sviluppato un protocollo espressamente diretto alle donne con tumori alla mammella, ArmoniosaMente, e da allora continua ad applicarlo con successo. “Il protocollo – spiega lo psicologo – si basa su due concetti cardine: mettere a disposizione delle pazienti una corretta informazione medica, per far sì che conoscano fin dall’inizio tutto il percorso di cura che dovranno affrontare, e imparare a usare la meditazione per ridurre lo stress. Nella mia esperienza, entrambe queste fasi si sono mostrate importanti: la corretta informazione medica serve per per aumentare l’aderenza alle terapie, la meditazione per controllare alcuni effetti collaterali come la fatigue, le nausee e il vomito e per trattare i disturbi psicologici reattivi alla patologia. In una frase, la meditazione potenzia gli effetti delle cure”.
Le due fasi di ArmoniosaMente. Il protocollo si sviluppa in due fasi, per un totale di undici sessioni. Nella prima, le donne, in gruppi di 10-15 persone, incontrano il senologo, il chirurgo, l’oncologo, il radioterapista e gli specialisti dell’alimentazione e dello sport. Le pazienti hanno cioè l’opportunità di un confronto diretto con chi le segue e possono condividere l’esperienza e i dubbi con le altre donne del gruppo. Nei restanti cinque incontri della seconda fase viene insegnata una pratica meditativa tibetana. “A distanza di un mese dalla fine dell’addestramento, misuriamo lo stress e altri parametri attraverso scale psicologiche – conclude Pagliaro – e ad ogni ciclo notiamo che quasi tutte le pazienti riportano un miglioramento della qualità di vita e un atteggiamento più positivo nei confronti della malattia e della guarigione”.
Quando noi consideriamo una realtà animata da un punto di vista o da uno schema di riferimento puramente esterno senza sforzarci di capirla dall’interno per via empatica noi la riduciamo allo stato di oggetto
Carl Rogers
MA PERCHÉ MEDITARE? PERCHÉ TROVARE IL TEMPO? SI STA COSÌ BENE A LETTO.. E POI LA POSIZIONE SEDUTA CON LA SCHIENA DRITTA È COSÌ SCOMODA… QUALCHE PICCOLA RISPOSTA SU CUI RIFLETTERE E MAGARI UN AIUTO ALLA MOTIVAZIONE ALLA PRATICA MEDITATIVA CHE VACILLA NELLA FRENESIA DELLA VITA MODERNA.
Chi medita è più empatico..
I ricercatori dell’università del Wisconsin hanno dimostrato che grazie alle tecniche di meditazione, è possibile diventare più compassionevoli e più gentili verso il prossimo.Allo studio hanno partecipato 32 soggetti 16 praticanti esperti e 16 “neofiti”, che avevano semplicemente ricevuto un training di meditazione nelle due settimane prima dell’esperimento. Venne chiesto ai partecipanti allo studio di meditare e gli vennero fatte ascoltare vocalizzazioni umane sia positive che negative con lo scopo di valutare le eventuali relazioni empatiche. Dalla risonanza magnetica funzionale si è visto che i circuiti del cervello coinvolti nella percezione delle emozioni sono maggiormente attivati nei meditatori esperti.
Meditare fa bene al cuore!
Lo dimostra la ricerca pubblicata su Circulation: Cardiovascular quality and outcoms. Lo studio è stato condotto su 201 persone con un’età media di 59 anni, con un BMI medio di 32, ed è emerso checoloro che praticavano quotidianamente la meditazione Vipassana avevano il 48% in meno di possibilità di avere un attacco di cuore o un ictus, rispetto a coloro che avevano frequentato un corso di educazione alla salute durato cinque anni dove venivano presi in considerazione dieta ed esercizio fisico. La valutazione del benessere dei partecipanti alla ricerca è avvenuta sia in fase iniziale che dopo tre mesi e già nel gruppo dei praticanti era emersa una diminuzione della pressione sanguinea e livelli inferiori di stress.
Grazie alla meditazione meno stress e più “multitasking”
Stress meditazione e essere multitasking ecco le variabili di uno studio pubblicato su Proceedings of Graphics Interface condotto da David Levy e Jacob Wobbrock dell’Università di Washington di Seattle (Usa) in collaborazione con Marilyn Ostergren e Alfred Kaszniak dell’University of Arizona (Usa).
I ricercatori hanno diviso i partecipanti dello studio in due gruppi una ha partecipato a un corso di otto settimane di meditazione, mentre l’altro ha seguito per otto settimane un training di rilassamento. Chiedendo ai partecipanti di utilizzare email, calendario, messaggi di testo e telefono allo stesso momento, i partecipanti sono stati valutati, prima e dopo ogni periodo di training, rispetto alle loro capacità di resistere allo stress e di essere multitasking. Dall’analisi dei dati è emerso che il gruppo della meditazione ha riportato livelli di stress più bassi e livelli più alti di capacità multitasking.
Messaggio pubblicitarioMa per quanto tempo?
Bastano solo dieci minuti al giorno di esercizi di rilassamento per diminuire la percezione di tensione muscolare, migliorare la qualità del sonno e diminuire la percezione di stanchezza e la sensazione di fatica. Questo il rincuorante dato di una ricerca del Medical center di Bethesda presentato nel corso del CHEST 2012 (metting annuale dell’ American College of Chest Physicians). La ricerca presentata è stata condotta su 334 soggetti a cui è stato chiesto di praticare per dieci minuti al giorno una particolare sequenza di esercizi di rilassamento e di visualizzazioni. I risultati evidenziano che il 65% dei componenti del gruppo hanno diminuito il loro livello di stress percepito, migliorato la qualità del sonno e diminuito la percezione del livello di stanchezza e affaticabilità quotidiana.