Meditazione Tonglen, parte la sperimentazione

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Il Tonglen è un antichissima pratica meditativa tipica della meditazione tibetana ed ha un grande campo di applicazione in quanto non tratta solo le forme di disagio e di disturbo psicologico, ma è una vera e propria pratica di trasformazione ed evoluzione personale.
Tra pochi giorni partirà la sperimentazione della pratica meditativa del Tonglen per la cura delle patologie oncologiche.
Abbiamo la possibilità di confrontarci su alcuni aspetti di questa ricerca con il Dott. Gioacchino Pagliaro, direttore della Psicologia Clinica dell’Ospedale Bellaria di Bologna
Ci può spiegare i fondamenti della pratica meditativa del Tonglen?
Il Tonglen è un antichissima pratica meditativa tipica della meditazione tibetana ed ha un grande campo di applicazione in quanto non tratta solo le forme di disagio e di disturbo psicologico, ma è una vera e propria pratica di trasformazione ed evoluzione personale.
È molto utilizzata nella medicina tibetana che la ritiene una meditazione molto potente ai fini della guarigione.  Caratteristica principale della medicina tibetana è quella di essere la medicina più spirituale rispetto a tutte le altre medicine orientali proprio perchè si basa sui principi del buddismo e quindi sull’azione terapeutica che la mente svolge, ed è dunque, facile comprendere il perché la meditazione sia ritenuta parte integrante del processo di cura.
Questa pratica consiste letteralmente nel prendere e nel dare, che vuol dire fare qualcosa per liberare gli altri dalla loro sofferenza applicando, così, il principio buddista della compassione assumendo la sofferenza degli altri su di sé per purificarla e trasformarla in energia benefica riequilibratrice che va  direzionata verso le persone malate.
È la prima volta che questo tipo di meditazione viene utilizzata in un protocollo sperimentale del genere?
Nonostante la pratica del Tonglen sia utilizzata da alcuni anni negli Stati Uniti e nel nord Europa e da alcuni psicologi e medici in Italia non è stato fatto a tutt’oggi nessuno studio che ne verifichi l’efficacia. In questo scenario l’Unita Operativa di Psicologia Ospedaliera dell’ospedale Bellaria di Bologna sarà la prima al mondo nel verificarne l’efficacia.
Ci può spiegare brevemente quali sono gli obiettivi e i risultati aspettati della ricerca che sta per iniziare?
Gli obiettivi principali della ricerca sono quelli di  andare a verificare l’efficacia di questa pratica per un suo eventuale utilizzo nella pratica clinica quotidiana andando a monitorare la reazione e l’eventuale modifica dei linfociti, dei neutrofili, del cortisolo e dei valori pressori, e dal punto di vista psicologico di ansia, stress e depressione.
Non ci sono veri e propri risultati attesi ma per ora ci limiteremo a vedere che cosa emergerà dell’analisi degli esami e delle scale psicologiche utilizzate. Ad una distanza di tre e cinque anni dalla conclusione della ricerca si andrà, poi, a vedere nel registro dei tumori che cosa è successo nella vita di questi pazienti.
Come è avvenuto il reclutamento del campione e quali test vengono fatti ai pazienti che faranno parte del gruppo sperimentale e del gruppo di controllo?
La ricerca prevede un campione di 80 pazienti che sono stati reclutati dall’Unità Operativa di Oncologia dell’Ospedale Bellaria diretta dalla dott.ssa Brandes. Il campione dei pazienti deve avere queste caratteristiche: non presentare disturbi psichiatrici, non essere seguito dalla Psicologia Ospedaliera, non essere nella fase grave di malattia. Di questi 80 pazienti in maniera randomizzata ne saranno scelti 40, che il gruppo di meditatori appositamente formato, non conoscerà e non incontrerà mai, gli altri andranno a formare il gruppo di controllo.
I test utilizzati saranno il ProfileOfMoodState (Douglas M. McNair, Maurice Lorr e Leo F. Droppleman) le scale di Zung per ansia e depressione e un questionario sulla qualità della vita.
Quali sono secondo lei i risvolti più interessanti di questa ricerca dal punto di vista della presa in carico del paziente e del percorso di cura?
Il risvolto più interessante di questa ricerca riguarda il fatto che questa pratica di meditazione è molto diversa da quella che l’Unità Operativa di Psicologia Ospedaliera utilizza abitualmente. Le altre metodiche utilizzate, infatti, funzionano come “addestramento” del paziente rispetto ad una determinata pratica facendo cioè in modo che il pazienti possa impararla e autonomamente utilizzarla. Mentre la pratica del Tonglen è una pratica che si potrebbe quasi definire di meditazione a distanza. Un gruppo di 15 meditatori, in questo caso, medita a favore del gruppo dei pazienti. Questa meditazione dovrebbe produrre un miglioramento della vita dei pazienti, ma anche e contemporaneamente un beneficio importante per chi la sta praticando.
Ogni meditatore, che prenderà parte alla ricerca, avrà un diario in cui indicherà come svolgerà la meditazione, dove potrà annotare cosa per lui è migliorato nel periodo di pratica.
L’importanza di questa ricerca sta anche nel raggiungere un certo rigore dal punto di vista metodologico ricerca che per altro ha avuto l’autorizzazione del Comitato Etico e l’approvazione della direzione sanitaria e del Dipartimento Onclogico dell’Ausl di Bologna.
 
di Irene Giardini